MEMORIA E CONTROMEMORIA – SilvioMazzaroli - -foto

Il dubbio che le celebrazioni per il “Giorno del Ricordo” potessero comportare il riacutizzarsi di una contrapposizione ideologica c’era ed era, purtroppo, fondato. A provocarlo erano state le prese di posizione di una certa sinistra per la quale la verità storica è unicamente la “sua verità”; ogni altra interpretazione, ancorché improntata su fatti reali, incontestabili e come tali oggi riconosciuti dalle contrapposte forze più moderate, è gretto revisionismo di parte. Magari, anche di quella che, sino al giorno prima, era la propria parte. Per questo, in parecchi sono giunti a negare l’evidenza (vedasi, eccidi della foiba di Basovizza, Claudia Cernigoi); altri, a sostegno delle loro tesi, hanno messo in campo fatti, che pur particolarmente confacenti alle loro verità, mai prima avevano denunciato (vedasi, camionate di slavi infoibati dai fascisti, Giacomo Scotti). Invenzioni del momento? Disperati appigli a cui ancorare interpretazioni ormai bocciate dalla Storia e dal tempo? Il pensarlo è lecito anche, perché le documentazioni al riguardo testimoniano il contrario o sono inesistenti o, quantomeno, mai esibite. Che tutto questo sia stato provocato dall’istituzione del “Giorno del Ricordo”, votato a larghissima maggioranza dal Parlamento? Difficile da accettare! ...dalla fiction “Il cuore nel pozzo”, che pur valida sul piano emozionale è stata ben lungi dall’illustrare la cruda e drammatica realtà vissuta dagli Italiani di Istria, Fiume e Dalmazia? Un pretesto e nulla più! ...dall’uso strumentale - se si preferisce, elettorale - fattone dalle contrapposte parti politiche? Questo sì! Pur nell’euforia del momento, che per la prima volta ci aveva fatto sentire “non dimenticati” ed “accettati” dalla Nazione ed aveva rinvigorito il nostro orgoglio per la sofferta scelta di essere e rimanere Italiani, avevamo sollevato, anche dalle pagine di questo giornale, il dubbio di essere stati ancora una volta usati. Non era certamente questo che noi Esuli volevamo. Più volte ed in più sedi ci siamo dichiarati vittime dei totalitarismi del XX secolo, di tutti i totalitarismi; abbiamo riconosciuto che le cause della nostra tragedia sono complesse ed andavano ripartite tra tutte le parti in causa. Rimane, però, il fatto che, alla fine, una parte ha provato a difendere la nostra italianità e dall’altra, più composita, ce stato chi l’ha svenduta e chi crudelmente punita. Aldilà di questa, sia pur incontestabile, semplificazione noi Esuli, nella appena trascorsa circostanza, non eravamo alla ricerca di colpevoli; ambivamo esclusivamente al riconoscimento, come popolo, del nostro essere “vittima” e, conseguentemente, del nostro diritto ad essere risarciti, moralmente e materialmente, per essere stati i soli a pagare, per tutti gli italiani, gli errori - e, se si vuole, anche gli orrori - di una certa Italia. Ancora in molti, in troppi in maniera evidente ed ancora in più in maniera subdola, rifiutano questo riconoscimento e lo fanno al di la ed al di qua del confine. Quello che non molti sanno - perché lontani dal confine nord-orientale e non usi a leggere “Il Piccolo” (una vera iattura per la maggioranza degli Esuli) - è che le recenti celebrazioni hanno scatenato una “offensiva delle scritte” (da parecchi anni scomparse) inneggianti a Tito che, dall’alto dei colli carsici, incombono su Trieste e Gorizia. Per carità, nulla da eccepire se gli Sloveni celebrano a casa loro il “padre della patria” (“patrigno”, magari, dal momento che hanno affrontato una guerra fratricida per liberarsi da quella Jugoslavia che di Tito era stata la creatura), ma il farlo in questo modo è un chiaro affronto, sbattuto in faccia agli Italiani ed, in particolare, ai Giuliani ed ai moltissimi Esuli che vivono da queste parti e che ancora avvertono quel nome come un incubo. Ciò che è avvilente è che nessuna autorità nostrana reagisce; anzi in molti, politici e giornalisti, non solo non criticano bensì s’ingegnano a giustificare, sostenendo essere la loro ancora la giusta reazione alle sofferenze imposte dal nazi-fascismo. SEGUE A PAGINA 2 SEGUE DALLA PRIMA PAGINA Inconcepibile che in tanti siano del tutto dimentichi che l’Italia di oggi non è quella di ieri e che sia stata tra i principali supporter - giustamente, mah! - delle aspirazioni democratiche ed europeiste dei nostri vicini. E non è tutto. Oltre confine è stata, altresì, avviata una operazione di “contromemoria”, con la richiesta della istituzione del “Giorno del ricongiungimento delle Città rivierasche alla Madrepatria slava”. Fra le tante celebrazioni che si potevano immaginare, questa è veramente grossa e senza ritegno alcuno! Non solo la Storia, ma le stesse pietre, con cui queste città sono state edificate, testimoniano l’assoluta infondatezza che esse non siano sempre state, se non italiane (in verità per assai poco lo sono state), italiche e che la loro matrice culturale non sia stata sulla sponda occidentale adriatica. Ma cosa ci si può aspettare da chi ha avuto la sfrontatezza di dichiarare fascista persino il “Leone Marciano”? Da ultimo, la nostra legittima aspirazione (irrealizzata, e quasi certamente, irrealizzabile) a rientrare in possesso delle nostre case e di ritornare nelle nostre terre non da semplici turisti, ma pur sempre consapevoli di essere in uno altro Stato, ancorché appartenente alla comune “Casa europea”, viene tacciata di “revanscismo”. Non pericoloso, lo ha recentemente definito - bontà sua - il Premier croato Sanader, e certamente non lo è. Il nostro, ma il loro? E’ un male di cui sono stati affetti - lo hanno ampiamente dimostrato - sino in tempi assai recenti sul piano territoriale e di cui lo sono ancora su quello culturale, specie nei nostri confronti. Un’ultima considerazione. Trieste “Capitale dell’Esodo”. Facile parlare delle nostre cose nelle altre parti d’Italia; difficile farlo qui.Meschino volerne sminuire il ruolo, perché l’italianità di questa Città - una volta definita, unitamente a Gorizia, “sacra alla Patria” - ha ancora bisogno di essere difesa sul piano interno, oltre che internazionale. Per capirlo bisogna viverci quotidianamente ed i primi a non doverla tradire sono proprio gli Esuli. SILVIO MAZZAROLI

Dal numero 3259

del 31/03/2005

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